martedì 2 agosto 2011

Il ristorante di una città qualunque

Del caldo sembrano soffrirne tutti, ed anche lei d'estate mette abiti leggeri.
Quasi deserta... nuda. E passionale, pronta a scoprire alcune sue parti intime, visibili a pochi.
Come un amante cammino in lei, osservo le sensuali curve, come gli abiti cadono e disegnano i lineamenti delle sue forme. Il mio sguardo attraversa la trama e ordito delle vesti e riconosco cicatrici, sofferenze, dolori.
Rimango a fissarli.
Lei, dolcemente, solleva il mio mento con l'indice e penetra nei miei occhi. Inizia a leggere i luoghi in cui l'ho vissuta: incontri, rivelazioni, attimi, pianti, sorrisi. Il suo viso si illumina disegnando con le labbra una falce di luna. Lei conosce i miei segreti, paure, sogni, amori.
E ritrova nella mia vita la sua. E viceversa.
Mi abbraccia.
Poi mi fa cenno di andare.
E' ora di rimettersi in cammino.
E mi ritrovo ad un altro inizio, in un ristorante pieno di bolognesi.
E quando una signora, dolce e bella come mia nonna, serve il caffè
mi commuovo per quanto sia buono.

Il dolore è facile da ascoltare, quello ti arriva addosso, urla, ha una voce terribile, è sempre lui a raggiungerti. La speranza è una vocina sottile, bisogna andarla a cercare da dove viene, guardare sotto il letto per poterla ascoltare. O venire in una stazione.
[Stefano Benni, Bar Sport duemila]

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